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Vraćao sam se kući preko njiva. Bilo je to
usred leta. Livade su bile pokošene, a žetva raži tek što
nije počela.
Divan je izbor cveća u ovo doba
godine: crvena, bela, ružičasta, mirišljava, maljava detelina; drske ivančice,
bele kao mleko, s jasnožutim prašnicima; titrice sa svojim prijatno oštrim
mirisom; žuta repica sa svojim medenim mirisom; visoki ljubičasti i beli
zvončići nalik na lale; puzave graorice; žute, crvene, ružičaste, ljubičaste,
uredne skabioze; bokvica, s jedva primetnim ružičastim maljama i slabim
prijatnim mirisom; različak, jasnoplav na suncu i u mladosti, a
plavičastocrvenkast uveče i pod starost, i nežni poponac bademova mirisa, sa
cvetićima koji tako brzo venu.
Nabrao sam veliku kitu raznog
cveća i pošao kući, kada sam u jarku primetio divnu, crvenu, potpuno rascvetanu
bôcu one vrste koju nazivaju "tatarinom" i koju kosači obazrivo
obilaze, a kada je nehotice pokose, izbacuju je iz sena da ne bi o nju boli
ruke. Pade mi na um da otkinem tu bocu i da je metnem u sredinu kite. Sišao sam
u jarak i počeo kidati cvet, oteravši maljavog bumbara koji se upio u sredinu
cveta i tu slatko i leno zaspao. Ali je to išlo teško: ne samo da je stabljika
bóla sa svih strana, čak i kroz maramicu kojom sam obavio ruku, nego je bila
tako neobično jaka da sam se oko nje mučio čitavih pet minuta, kidajući vlakno
po vlakno. Kada sam najzad otkinuo cvet, stabljika je već sva bila iskidana, pa
i cvet nije više bio tako svež i lep. Osim toga, svojom grubošću i neprikladnošću
nije pristajao uz nežne cvetove u kiti. Bilo mi je žao što sam uzalud uništio
cvet, koji je bio lep na svome mestu, i bacio sam ga. "Ali kolika je tu
energija i životna snaga – pomislio sam sećajući se napora s kojim sam uzbrao
cvet. – Kako se junački branio i kako je skupo prodao svoj život!"
" Hadži Murat" L. Tolstoj
(izvor http://www.seminarskirad.biz/seminarski/lav%20nikolajevic%20tolstoj%20-%20hadzi%20murat.pdf)
Una mattina ho visto questo fiore, cresciuto tra due mattonelle, sul grande marciapiede intorno ad un palazzo. Mi ha fatto ricordare un altro fiore la cui descrizione da inizio ad un romanzo, "Chadži-Murat", - L. Tolstoj, e ha segnato simbolicamente quella mattina. Viviamo in un tempo incerto, spaventati di quello che ci porterà il domani - prendiamo però come esmpio questo piccolo fiorellino grazioso che lotta e cresce rigoglioso ed orgoglioso in mezzo alla pietra e si offre agli sguardi di tutti.
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"Tornavo a casa per i campi. Era piena estate: i prati erano già falciati e si cominciava a tagliare la segale.
In
questo periodo dell'anno la natura offre una squisita varietà di fiori:
rossi, bianchi, rosa; profumati e teneri trifogli; margheritine
insolenti; "m'ama-non-m'ama" bianchissimi col cuore giallo e un intenso
puzzo di fradicio; gialle colze dal profumo di miele; altre campanule
viola e bianche; fiori di pisello rampicanti; ordinate scabiose gialle,
rosse, rosa, viola; piantaggine dalla peluria leggermente rosata e dal
profumo gradevole ma quasi impercettibile; fiordalisi appena fioriti,
scintillanti al sole di color turchino o sfumati d'azzurro e di
rossiccio la sera, e prima di appassire; e quei teneri fiori di
vilucchio, dal profumo di mandorla, tanto rapidi nell'avvizzire.
Raccolsi
un gran mazzo di fiori diversi. Mi stavo incamminando verso casa,
quando scorsi un cardo d'un rosso vivo, in piena fioritura; di quel tipo
particolare che da noi chiamiano "il tartaro" e che il contadino falcia
con grande cautela e poi getta via per non pungersi le mani quando
raccoglie il fieno. Mi venne l'idea di strappare il cardo e di infilarlo
nel mazzo. Scesi nel fossato e cacciando via un peloso calabrone che
s'era infilato nel fiore e sonnecchiava dolcemente e mollemente, tentai
di coglierlo, ma era difficilissimo: non solo il gambo pungeva da ogni
parte, anche attraverso il fazzoletto col quale mi fasciai la mano, ma
era così tenace che spesi cinque minuti a lacerare le fibre, una per
una.
Quando finalmente lo divelsi il gambo era
tutto sfilacciato e anche il fiore non pareva più così fresco e bello. E
poi, rozzo e goffo com'era, non si addiceva ai teneri fiori del mazzo.
Peccato, lo avevo distrutto inutilmente: al suo posto, invece, spiccava
bellissimo. Lo gettai via. Però che energia e che forza vitale, pensai,
ricordando quanta fatica m'era costato strapparlo. Come s'era
tenacemente difeso e come aveva venduto a caro prezzo la propria vita!"